Occasione persa

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Nel mio recente post “La Metamorfosi”, imputai al ministro Tremonti una politica economica fallimentare nei 5 anni della legislazione del centrodestra tra il 2001 e il 2006 (egli lasciò la guida dell’economia dopo la metà della legislatura per riprenderla verso la fine; è comunque indubbio che fu lui a ispirarne la politica economica).

Come può essere formulato un giudizio del genere?
A volere essere obbiettivi, non si può far nascere un giudizio così netto solo dal fatto di non condividere le scelte operate e di ritenerle profondamente sbagliate.
E’ vero, ritengo profondamente sbagliate le scelte effettuate da Tremonti e non le condivido.
Ma l’affermazione da me fatta in quel “post” nasceva da considerazioni più generali e di cui voglio rendervi partecipi.

Debito pubblico italiano negli ultimi 23 anni
Il debito italiano negli ultimi 23 anni

Gli ultimi 15-20 anni sono stati turbolenti dal punto di vista politico, ma dal punto di vista della finanza pubblica sono stati drammatici. Abbiamo rischiato agli inizi degli anni ’90 il tracollo finanziario. Probabilmente, in fondo, è stato questo fallimento a far emergere tangentopoli e a spazzare via un’intera classe politica.
Da allora si è giocata una partita senza quartiere tra il debito e le finanze pubbliche.
Fortunatamente alcuni giocatori, magari non sempre brillanti, hanno interpretato, forse anche in modo poco equo, con convinzione il proprio ruolo, permettendo alle nostre finanze di rimanere a galla e migliorare la propria posizione.

Il grafico visualizzato è una mia elaborazione su dati ISTAT.
Per migliorare la leggibilità ho omesso il valore del debito che è usualmente espresso in percentuale sul PIL (prodotto interno lordo).
Ho invece visualizzato come il rapporto debito/PIL sia variato nel tempo: un valore negativo per un aumento del debito, uno positivo per la diminuzione.

In celeste è rappresentato il rapporto Deficit/PIL, che è il rapporto tra il disavanzo di bilancio annuale e il PIL. In giallo la già citata variazione del rapporto debito/PIL e in blu il saldo primario, cioè l’avanzo (disavanzo se negativo) di bilancio senza considerare gli interessi pagati per il debito (anche questo in rapporto al PIL).

Negli anni tra il 1985 e inizio anni ’90, la finanza è stata molto allegra e il rapporto deficit/PIL viaggiava su valori a due cifre. Drammatica la situazione creatasi nel ’92-’93 che è evidenziata con un repentino aumento del nostro debito: il rapporto debito/PIL si è incremento di più di 10 punti percentuali, passando dal 105,2% al 115,6%.
Eppure, guardando il grafico, si può vedere come, a partire dal 1990, il bilancio si concludesse con un saldo primario non negativo: questo è un indice di una politica economica, almeno in parte, un po’ più rigorosa rispetto a quella del decennio precedente (il decennio della Milano da bere…).

Ciò che ha affossato i nostri conti, all’inizio degli anni ’90, sono stati gli altissimi tassi d’interesse pagati sul debito (tra il ’92 e il ’93 ricordo una grossa svalutazione della Lira).

Comunque, a partire dal ’90, i bilanci si chiudono sempre con saldi primari positivi.
Nel ’95, il rapporto deficit/PIL, che nel frattempo era salito fino al 121,5%, comincia per la prima volta a scendere (governo Dini).
Nel ’96, la svolta del governo Prodi e del ministro del tesoro Ciampi.
Essi individuarono un’unica strada d’uscita. Riuscire a dimostrare ai mercati che il nostro paese sarebbe potuto entrare nel club dei paesi dell’Euro.
Con questa convinzione, sarebbe arrivato un grosso premio: la discesa dei tassi d’interessi con un consistente risparmio per tutti i contribuenti e l’aprirsi di una via verso un risanamento più indolore.

A fronte di un duro e deciso impegno di bilancio, che si traduce nel 1997 in un surplus pari al 6,6% del PIL, e sfruttando l’inizio di una congiuntura favorevole, i tassi cominciano a scendere e, da un picco di oltre 115 miliardi di Euro nel ’96, la spesa per interessi scende nel ’99 a circa 75 miliardi. Un risparmio per tutti noi di ben 40 miliardi di Euro l’anno.

Questo andamento è sottolineato dal peso del debito sul PIL che comincia a scendere in modo deciso. Inoltre nel 2000 viene sfiorato il pareggio di bilancio (-0,84%).

Il 2001 è un anno di elezioni e di avvicendamento.
Le carte sono sparigliate e dare responsabilità ad uno o all’altro per un deficit di bilancio che supera il 3%, può diventare un esercizio di opinioni a meno di non addentrarsi nei singoli provvedimenti presi (ho le mie opinioni anche su questo, ma dimostrarle porterebbe lontano).

Il debito alla fine del 2001 era sceso al 108,8%, i tassi d’interesse erano in discesa con marcati effetti positivi sul costo del debito.
Tremonti invece di proseguire sulla strada dei predecessori, perseguì una politica di diminuzione della pressione fiscale (chi non la vorrebbe) lasciando però nel contempo correre la spesa pubblica.
Risultato il debito continuò sì a diminuire fino al 2004 (grazie anche a vendite di cespiti e ricchezze della collettività e alla diminuzione dei tassi), ma in modo molto più ridotto e nel 2005 riprese ad aumentare. L’avanzo primario si ridusse nel 2005 ai livelli più bassi dal 1990.

Una politica più rigorosa, avrebbe permesso al centrodestra di chiudere la legislazione lasciando all’Italia un rapporto debito/PIL sotto il 100%; un segnale importante per il risanamento e un grosso risparmio per le nostre tasche. Conseguentemente, con altrettanto rigore, si sarebbe potuto iniziare questo 2008 con un rapporto debito/PIL intorno al 95%.
Con un costo del debito del 4,5%, ciò corrisponde ad un risparmio annuale di oltre 6 miliardi di Euro.
Ciò avrebbe permesso, ad esempio, di evitare i grossi tagli previsti sulla scuola, limitandosi ad una doverosa razionalizzazione di costi indebiti.
Per di più, in questa situazione di crisi finanziaria, ci sarebbe stato più spazio di manovra per sostenere i redditi.

Il resto è storia recente; il recente governo Prodi ha messo mano alla pressione fiscale, fallendo in parte nel tentativo di frenare la spesa, ma permettendo ad avanzo primario di risalire e al debito di ricominciare a scendere.
Ora Tremonti si è avviato su una via di maggiore rigore (dobbiamo poi anche discutere di chi deve pagare questo rigore…) ma il rischio è che la congiuntura non sia favorevole e che possa fallire gli obbiettivi.

La conclusione è che tra gli anni 2001 e 2006, avremmo potuto consolidare la discesa del debito, ridimensionandolo a livelli più facilmente gestibili. Le premesse vi erano tutte (vi sono stati problemi di crescita tra la fine del 2001 e il 2002, ma molto meno gravi degli attuali) e nessun ministro delle finanze italiane ha mai goduto (almeno negli ultimi 40 anni) di tassi d’interessi così bassi.
Oggi ci troveremmo in acque migliori. Errore politici ed economici seri hanno impedito il raggiungimento di risultati importanti con benefici per tutti.
Forse oggi non saremmo qui a litigare per decidere dove tagliare.

Un’occasione persa. E per di più, chi l’ha persa è ancora lì ad comandare la nostra politica economica.

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