Dove sono i liberali?

Spesso si sente dire che termini come destra e sinistra non hanno più senso.
Una grande fascia di elettori, in effetti, non si sente rappresentato da queste etichette e sceglie di votare secondo altri criteri.
Si potrebbe obbiettare, comunque, che, alla fine, a muovere le scelte dei politici “dovrebbero” essere proprio gli orientamenti di fondo; questi prevedono una visione del mondo di un certo tipo e tendenzialmente portano ad agire in modo conforme.

L’attuale governo è fortemente orientato a destra. Gli atti e le parole usate lo confermano.
All’interno della destra, però, esistono diverse anime, spesso in contraddizione.
Vi sono i rappresentanti della destra sociale (discendenti dal MSI -> AN -> PDL); vi è un’anima più moderata che fa sua anche alcune istanze sociali, prevalentemente di natura cattolica; vi è una destra più razzista, che rappresenta le istanze peggiori della piccola borghesia, ma anche di classi sociali più basse (sono state la base per l’ascesa delle più truci dittature); vi è (o perlomeno vi dovrebbe essere) una destra liberale.

Dico dovrebbe esserci, perché in realtà non ve ne è traccia.
Aspirazione di una destra del genere dovrebbe essere la liberalizzazione economica su tutti i fronti (l’unica forma che viene perseguita è quella dell’eliminazione dei vincoli relativi al lavoro dipendente).
Aspirazione di una destra del genere dovrebbe essere l’eliminazione delle sacche di privilegio economico, piccolo e grande (anche qui si attaccano solo i piccoli privilegi di qualche categoria di lavoratori).

Il nostro è un paese che ha norme e vincoli che tendono a proteggere e conservare lo “status quo” di parecchie caste (non vi è solo quella dei politici).
La casta più ingombrante è quella dei grandi “finanzieri” che in numero ristretto governano la stragrande maggioranza della ricchezza del paese.

Molto vi è da fare per rendere moderno e funzionale il paese. E questo potrebbe essere un punto d’incontro tra destra e sinistra (con tutte le differenze di prospettiva che possono avere).
In effetti, il precedente governo, per mano dell’allora ministro Bersani, aveva stilato una serie di norme per favorire la concorrenza. Alcune di queste sono state approvate, con beneficio di grandi strati di popolazione, altri sono rimasti fermi, grazie sopratutto all’ostruzione fatta proprio da chi doveva in primis sostenerle, la destra (vi ricordate dei taxisti?).

Ma, lo sappiamo, l’opportunismo politico la fa da padrone.
Ciò che invece stupisce è che non solo, una volta riacquistato il potere, non vi sono stati tentativi per riprendere il percorso, ma si è attuata una politica tesa a smantellare o limitare le liberalizzazioni effettuate, rintroducendo privilegi.

L’ultima di mia conoscenza è del capogruppo del PDL, on. Gasparri, che ha presentato un emendamento al DDL sullo sviluppo che di fatto abolisce la norma del secondo pacchetto Bersani che vieta le clausole contrattuali che impongono agli agenti di assicurazione di agire come monomandatari.

Dare la possibilità agli agenti di avere a disposizione diversi pacchetti assicurativi, provenienti da diverse compagnie, permette di accendere la miccia della concorrenza anche in questo settore, con possibili benefici per gli utenti.
E allora perché togliere questa possibilità?
Dove sono finiti i liberali?

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